mercoledì 24 agosto 2022

SOMOS FRUTILLAS - CAP 8

 


Ci sono giornate d’inverno con un sole brillante. La rugiada era trasparente sull’erba questa mattina quando sono salita in macchina con RB. Ayida mi ha detto di farmi trovare al Goodme di via Toscana per le 10. É un negozio di bubble tea. Immagino voglia farsi perdonare per un paio di occasioni in cui mi ha dato buca senza avvisare, perché è raro che lei si faccia sentire per il sabato mattina. 


Ho iniziato a uscire con un ragazzo che si chiama Leonardo da qualche settimana. É quello che mi ha investito con la bici il primo giorno. 

Mi ero detta di non volerne sapere di ragazzi, ma è successo un evento miracoloso per il quale ho pensato di rivedere i miei propositi. Non ho riportato nemmeno un’insufficienza sulla pagella del primo trimestre. 


Non sono stupida ma non ho mai studiato tanto. Eppure, strano ma vero, quella mezza criminale di Ayida mi ha messo in riga. Mi ha programmato tutte le interrogazioni con un timing spietato e sono riuscita a recuperare le materie dove ero sotto il 6. Con un’organizzazione di quel calibro, la mia vita potrebbe decollare in senso scolastico. Diciamo che intanto, mi accontento del risultato ottenuto.


Tre sabati fa ero a far compagnia alle lunghe orecchie del cavolo nero, che tutto ascoltano e tutto sanno di me. Ho sistemato la paglia sopra il terreno delle fragole, come una mano che rimbocca le coperte perché i bambini non si scoprano durante la notte e non abbiano freddo. Ho controllato che i teli che fasciano i limoni non avessero strappi.
Poi ho pensato di fare una passeggiata intorno a casa per vedere se trovavo qualche impronta di animali selvatici nel fango. Pensavo con lo sguardo a terra alle bestie che potevano essere passate di qui durante la notte quando mi è preso un accidenti. Dietro di me ho distinto un respiro affannoso. Mi sono girata ed ero pronta a gridare, quando ho visto un caschetto da ciclista color verde acido che non aveva niente di minaccioso. Poco oltre, nell’erba, una bici da cross buttata a riposare.


“Ti ho trovata” e ha sorriso, con la faccia contesa tra chiazze bianche e chiazze rosse.

“E chi cavolo sei?” l’ho accolto con la grazia che mi contraddistingue.

Era Leonardo, con le sue due ruote che avevo già intravisto questa estate. Con quel ferro appuntito che mi ha lasciato una cicatrice sul fianco. Era Leonardo della 2F.


La mano è corsa senza pensarci alla cicatrice, lui ha sorriso di nuovo e si è seduto sul ciglio del sentiero. Mi ha indicato le orme di un tasso. Qui abbiamo di che ragionare, ho pensato. Si può fare.

La prima volta che l’ho baciato sapeva di menta e cannella. Domani passeremo tutta la giornata insieme e ripenso a quel bacio, mentre appoggio le labbra al finestrino laterale. Faccio una O di fiato sul vetro.


Ci avviciniamo a quella zona di Prato chiamata Macrolotto 1, in cui si susseguono grandi isolati di fabbriche tessili.

Al Goodme non riusciamo ad arrivare in auto perché il traffico è bloccato. Parcheggiamo e proseguiamo a piedi. RB viene con me, incuriosito per la situazione surreale. 

Fumogeni in sequenza rendono l’aria una coltre bianca e densa. Ci arrivano suoni di percussioni e musica, che si accavallano in un trambusto chiassoso. A un tratto uno stendardo squarcia la nube di fumo e una parata di guerrieri in armature gialle ci si staglia davanti. 

Nelle loro mani dei lunghi bastoni sorreggono un drago di fuoco che ondeggia nel cielo. Subito dopo una delegazione in abiti tradizionali fa la sua comparsa, quindi un terzetto di ragazzi con grossi tamburi.


É la volta di due coppie di acrobati che animano due enormi pupazzi. Hanno la testa da leone e mi lascio ipnotizzare dal movimento di fianchi del leone rosso. Un grosso cuscino gli imbottisce il sedere, quattro sneakers bianche lo portano a spasso per la città. Con entusiasmo assoluto prendo a saltellargli dietro al ritmo del tamburo. RB resta sul marciapiede e lo vedo scomparire dietro le spalle degli altri accorsi a vedere questo spettacolo.


Una sinapsi fortunata mi rammenta che questi sono i festeggiamenti conclusivi del Capodanno Cinese. Mi mescolo alle persone in sfilata senza che nessuno mi rimproveri. Attraverso diversi gruppi distinti, ciascuno con un costume particolare. Ci sono le signore con lo spacco sulla coscia e l’ombrello di carta. Ci sono i gruppi con gli abiti etnici. Vedo ragazzi europei tra le fila, con le stesse scarpe gialle e gli stessi cappellini degli altri signori cinesi. I mortaretti mettono un’allegria colpevole ai miei passi.


Mi trovo per caso davanti al Goodme di via Toscana e mi appoggio su una panchina. Vedo Jackson di classe mia che mi saluta da una fila di ragazzi che sembrano in pigiami di seta. Lo ricambio tutta ilare, poi mi arriva un ceffone ben piazzato ma non capisco da chi. Dopo un attimo vedo la frangia e non posso sbagliarmi. Anche dietro una mascherina nera, anche sotto un copricapo d’argento, sei inconfondibile e bellissima, teppista mia.


Ayida mi lancia un biglietto dove c’è scritto “Ci vediamo qui alle 13 per bere il vento del nord ovest”.

Io non lo so che cosa significhi, ma torno a unirmi alla sfilata e salto con i leoni, osservo i draghi entrare a corsa dentro le ditte e uscire con una coda benaugurale. Ci sono banchetti allestiti di cibarie varie qua e là davanti alle aziende. Una signora alta forse un metro mi esorta a prendere cosa voglio, e visto che ci metto un po’ a capire, mi infila in tasca una bevanda con la lattina rossa.


Assaggio delle fette di croccante di noccioline che si incollano ai denti e li corrodono, credo, in modo irreparabile. Addento un churro lungo e fritto che mi riempie la bocca anche di olio. Mi sbuccio un’arancia e le sono grata perché sa di arancia, e mi pulisce il palato. Provo una giuggiola ed è dolcissima, inanello una serie piuttosto lunga di biscotti sbriciolosi e poi torno alle buone abitudini: afferro una mela da una piramide adornata di frasche.


Ayida me lo spiega alle 13 e 30, quando arriva con due panini al vapori belli fumanti, che quando si esce senza intenzioni precise, si dice che si va a bere il vento del nord ovest. Chissà di quale vento si tratti, qui a Prato non si muove una foglia questa mattina. E dire che c’è sempre un vento impietoso, che scaccia le nuvole in un paio d’ore al massimo.


Il detto non è molto azzeccato per una mattinata come quella, in cui mi sono abbuffata di dolci e di panzerotti. Quando si beve il vento del nord ovest, in pratica si cammina qua e là, senza bere e mangiare. Il che è piuttosto inconsueto, per un argentino quanto per un cinese. Come ci starebbe un bell’asado a la parrilla messo di lato in quel cortile? Che cosa direbbe il chimichurri all’anatra arrosto che mi ha fatto mangiare la signora Wang per le feste?


Domani questa sfilata percorrerà le vie del centro e quelle della nostra banda: via Filzi e via Pistoiese. Ayida sarà sempre sotto al suo costume scarlatto. Non me lo racconta, ma intuisco che parallelamente sta portando avanti una delle sue missioni.


“Ti vedi con quel Leonardo?” mi chiede Ayida a bruciapelo.

Annuisco. Voleva una conferma ma lo aveva già capito.

“Bene. Potrebbe esserci utile”.



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