giovedì 4 agosto 2022

SOMOS FRUTILLAS - CAP 5,5


 seconda parte

Il lunedì mattina arriva sempre troppo presto. Ma per me questa settimana è una pugnalata senza giri di parole. Scendo con RB e arrivo in classe in anticipo. Abbiamo il compito di economia aziendale alle prime due ore e non ero molto in vena di studiare. C’è agitazione tra i banchi in attesa del professore. E quando suona la campanella, lui arriva e distribuisce gli esercizi. L’ agitazione si tramuta in disperazione.

O meglio, un gruppetto di studenti parte spedito a scrivere sul foglio. Il resto della classe, del quale faccio parte, brancola nel buio. Provo ad attirare l’attenzione di una ragazza davanti a me che scrive con sicurezza, ma lei mi ignora e allora io decido di lasciar perdere e consegnerò in bianco. Starà al professore stabilire se mi spetta un 3 o un 4. Avevo un 6 e mezzo all’orale del mese scorso, credo di essere spacciata e questa è anche materia di indirizzo.


L’ora dopo abbiamo inglese e la professoressa sceglie me per correggere gli esercizi. Ne ho fatti giusto due su otto e faccio scena muta. La prof minaccia di mettermi un 4 se per la prossima volta non li porto tutti compilati. Indugia sulla mia scarsa dimostrazione di impegno. Bla Bla Bla.

Quando suona la campanella dell’intervallo, invece che sentirmi per un attimo libera dal fiato sul collo dei professori, mi torna in gola la nuvola, che gonfia e gonfia e mi invade tutto il petto.
Fuori sta piovendo a dirotto e nessuno si alza dal proprio banco. Ciascuno si immerge nel telefono che la professoressa ci fa prendere per giocare. Io non ho nessun messaggio non letto, nessuna amica da sentire per sapere come sia andato il weekend. A Buenos Aires è primavera, qui si sprofonda nella nebbia umida e nella solitudine.

Mi viene in mente che ci hanno detto che all’intervallo possiamo accedere alla biblioteca per prendere un libro in prestito. Non ci sono mai stata e quindi in un guizzo di ottimismo mi alzo per raggiungerla. Diamond con voce feroce mi intima di rimettermi a sedere che oggi non si alza nessuno. Provo a ignorarlo e lui si alza e si frappone fra me e la porta, bloccandomi al muro. Provo ad alzare la voce, ma lui non si muove.

Il professore di italiano e storia entra in classe e chiedo a lui se posso andare in biblioteca. Se lui mi darà il permesso, Diamond non potrà impedirmi di uscire. Ma il professore mi dice di no, perché oggi c’è sciopero del personale ATA e certi servizi sono sospesi. Mi siedo, furente, ma poi la nuvola si ingoia la rabbia e resto apatica, al mio banco, per il resto dell’intervallo e per la sua ora di lezione.

Alle ultime due ore abbiamo informatica e ci spostiamo in laboratorio. La mia postazione è a tre con Gioia ed Elisa, le abbiamo scelte a settembre e ora mi trovo bloccata nella rete della loro ostilità.
La nuvola cresce e mi sento la gola che brucia. Mi torna in mente l’umiliazione della storia con Ricardo. Di come a scuola tutti sapevano i fatti miei. Ripenso a quanto sono diventata dura nel fingere che per me non fosse poi il finimondo.

Ma per me quel mondo è finito, quel mondo dove pensavo di stare come un’ape sui fiori. E adesso anche quest’altro mondo sta prendendo una piega avvilente. Mentre inserisco formule a caso nelle celle di Excell, si affaccia dalla porta un ragazzo che chiede ad alta voce:
“Chi è Consuelo? Piace a Leonardo!”
E prima che si capisca chi sia lui o chi sia questo Leonardo, si dilegua in corridoio. Tutti però sanno chi sono io e mi sento addosso occhi e malocchi.

Tante piccole cose di me non piacciono. Non ho l’ossessione dei peli e me li lascio crescere sulle braccia.
Mi faccio i baffetti ma anche i peli delle ascelle, a volte fanno capolino.
Non mi vesto in serie, non ho il budget per rifarmi il guardaroba nei toni esclusivi del bianco e del jeans ed ho anche un moto di orgoglio che mi impedisce di essere uguale agli altri. Non ho le unghie con lo smalto permanente né con quelle protesi finte. A me piace affondare le mani nella terra.

Ho i capelli lisci ma non li liscio, se si increspano un po’ li lascio al naturale, come se fossero onde che vanno e vengono via. Mi piacciono i film da maschi, quelli dove i robot conquisteranno il mondo e non c’è spazio per baci che tardano ad arrivare. Mi piacciono le avventure dei vermi sulle foglie. Sono restia a raccontarmi sui social. Non sono magra. Non mi metto a dieta.
Io sono un animale strano da queste parti, fa incazzare terribilmente che io piaccia ai ragazzi.

Io ripenso alla campagna. Trovo un’isola tutta mia e la raggiungo per calmarmi. Ripenso alle olive. Ripenso alla sensazione liscia che lasciano sulla pelle delle dita. Ripenso a quanto fanno schifo se provi a morderle. Non me le aspettavo tanto amare e mi scappa un sorriso a rivedermi la scena.
Penso alla pelle liscia del sedile della Peugeot di RB. Penso alla bella sensazione di calore che emana il fuoco dentro la stufa a pellet. Penso a me stessa che vivo in un continente diverso, da sola, e che troverò il modo per essere meno sola. Respiro. Nuvola non rompere i coglioni.

Mancano pochi minuti alla fine dell’orario di lezione. Dobbiamo tornare in classe a prendere gli zaini e poi saremo liberi di uscire. Mi fermo in bagno un attimo a fare la pipì, visto che all’intervallo ero in reclusione, poi raggiungo la classe.
Appena entro, vedo che Gioia ridacchia e ammicca in direzione della lavagna. Ci hanno scritto Consuelo Troia. Non è niente di che, ma la nuvola ne approfitta e gonfia di nuovo. Questi non si daranno mai pace?

Senza accorgermene indietreggio fino a finire con le spalle al muro, e sento delle indistinte risatine salire dai lati.
Sono ferma in quella posizione, avvilita, stufa e anche demoralizzata. Diamond fa un passo verso di me e accenna ad aprire bocca. Poi le risatine di colpo cessano, sta succedendo qualcosa di imprevisto che zittisce il resto della classe. Qualcuno si è messo a fianco a me e li osserva con uno sguardo che trapassa. Nessuno fiata.
Una mano mi afferra e mi trascina in corridoio. Una mano di femmina. Alzo lo sguardo, sbatto le palpebre. É la mano di Ayida.


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