L'imponente edificio della fabbrica Campolmi di Prato vantava la ciminiera più alta della città, 50 metri di mattoni rossi che svettano verso il cielo. Oggi che i motori della caldaia sono spenti, l'edificio è stato convertito a sede definitiva del Museo del Tessuto. All'inizio della visita, si passa accanto alla caldaia a vapore che da una vetrata si affaccia sul cortile rettangolare, dove i segni dell'attività manifatturiera restano intatti.
Il Percorso Espositivo generale segue lo spirito delle mostre temporanee, facendo ruotare nelle vetrine gli oggetti più emblematici. L'esposizione in auge fino al 30 maggio è Vintage, l'irresistibile fascino del vissuto, che affonda entrambe le mani negli archivi materiali da cui gli stessi designer attingono per creare.
guida alla mostra Vintage
In origine furono i cenci, balle di capi di abbigliamento compressi e spediti dagli Stati Uniti, dove gli abiti venivano smessi prima di diventare lisi, visto il benessere diffuso. I solerti cenciaioli pratesi seduti su un guanciale al centro dello stanzone del magazzino, spulciavano ogni giacca o pantalone, dapprima svuotando le tasche da monete o altri cimeli abbandonati al loro interno; quindi via i bottoni, separati i tessuti di colore differente e la lana veniva rigenerata, cioè disinfettata e sfilacciata fino a riportarla a materia prima, commerciabile a prezzi molto vantaggiosi.
Con gli anni '70 la nuova tendenza dell'acquisto dell'abito usato fece prendere d'assalto quegli stessi magazzini da anticonformisti alla ricerca di capi militari e rimandi etnici: eskimo, parka, patchwork folk di fantasie indiane; con la contestazione delle regole di produzione, commercio e consumo, trionfa il proliferare di bancarelle e negozi di second hand.
Agli anni '80 risale la strutturazione di veri e propri archivi di capi delle decadi precedenti, assemblati da case di moda e collezionisti, destinati a diventare il bacino di ispirazione a cui l'alta moda imparerà a tornare, per riprendere linee e dettagli: Hermes, Chanel, Max Mara, Salvatore Ferragamo, Gucci, Emilio Pucci sono i paladini di una tendenza a rivisitare, riproporre, incantare con qualcosa di appena scordato.
La sitauzione contemporanea registra cappotti con tre maniche e altri gioielli concettuali realizzati assemblando gilet con mucchi di guanti o poliestere (Maison Martin Margiela). Parallelamente il main stream ha inglobato il concetto di vissuto nella produzione di capi nuovi. Infatti dopo generazioni di adolescenti anni '90 che passavano i pomeriggi a scucire e pesticciare gli orli dei jeans, tagliarli a campana e richiuderli con spilloni da balia, sono arrivati in commercio jeans già sdruciti, bucati e scoloriti. Nessuno li ha portati prima di te e se per gli igienisti questo è il massimo, a me non raccontano tutta la storia.
info
Museo del Tessuto - via Santa Chiara, 24 - Prato
costo ingresso: 8 euro. Ridotto per chi arriva in treno.
Catalogo e altri libri interessanti in vendita nello shop.
altro