In un tempo che brama eroi positivi, le Piagge sono e restano legate da un filo d'acciaio a don Alessandro Santoro.
Conoscete la sua storia? Avete voglia di incontrarlo?
Oggi martedì 9 novembre alle 18:00 sarà presente alla libreria Feltrinelli in via de Cerretani per la presentazione del libro di Saverio Tommasi "La messa non è finita, processo per 'smisurato amore' a don Alessandro Santoro". Testo nato come spettacolo teatrale, si è trasformato in un libro pubblicato dalle Edizioni Piagge, con la prefazione di Maurizio Maggiani.
Una dichiarazione dell'autore: "Il mio testo racconta la storia di un parroco, un pastore di anime, che sposa una coppia di innamorati e viene allontanato dalla guida della sua comunità. La vicenda si svolge alle Piagge, quartiere alla periferia di Firenze. Il parroco è don Alessandro Santoro. La donna era nata uomo. Il vescovo che ha allontanato il parroco si chiama Giuseppe Betori. La donna Sandra Alvino, l'uomo Fortunato Talotta.
E' importante farli, i nomi, in un'epoca in cui le persone si tende ad aggettivarle prima ancora che a chiamarle. E perché quando si parla di diritti si parla prima di tutto di persone".
Conoscete la sua storia? Avete voglia di incontrarlo?
Oggi martedì 9 novembre alle 18:00 sarà presente alla libreria Feltrinelli in via de Cerretani per la presentazione del libro di Saverio Tommasi "La messa non è finita, processo per 'smisurato amore' a don Alessandro Santoro". Testo nato come spettacolo teatrale, si è trasformato in un libro pubblicato dalle Edizioni Piagge, con la prefazione di Maurizio Maggiani.
Una dichiarazione dell'autore: "Il mio testo racconta la storia di un parroco, un pastore di anime, che sposa una coppia di innamorati e viene allontanato dalla guida della sua comunità. La vicenda si svolge alle Piagge, quartiere alla periferia di Firenze. Il parroco è don Alessandro Santoro. La donna era nata uomo. Il vescovo che ha allontanato il parroco si chiama Giuseppe Betori. La donna Sandra Alvino, l'uomo Fortunato Talotta.
E' importante farli, i nomi, in un'epoca in cui le persone si tende ad aggettivarle prima ancora che a chiamarle. E perché quando si parla di diritti si parla prima di tutto di persone".