L'Istituto Francese di Firenze è sede di appuntamenti del programma di Fabbrica Europa. Ieri ho assistito allo spettacolo I Am America, invece nei prossimi giorni (20, 21 e 22 maggio) alle 17:00 sono previste Riflessioni di Luigi Lombardi Vallauri e Mino Gabriele su matematica, simboli pagani, fisica e contemplazione.
I Am America, che muove dalle opere di Allen Ginsberg, è lo spettacolo che mi ha attratto di più quando ho aperto per la prima volta il programma dell'edizione 2010 del Festival. Sono arrivata e mi hanno fatto accomodare in una saletta-teatro allestita con lampade gialle, una panca, due tappeti e le sedie del pubblico anche ai due lati della scena.
Ci si ritrova immersi nei transiti cantati da 10 attori, di cui 4 uomini, di cui 4 e poi 3 con le scarpe ai piedi, di cui 4 seriamente conturbanti. Tra di loro una donna vestita di nero come una vedova, mentre due indossano abiti bianchi e cinture stellate. Forse un'allusione alla stessa simbologia usata da certi pittori impressionisti per contrappore l'Europa (il vecchio mondo) alla nascente nazione americana. Ma in questo caso, il nero ed il bianco, i gay ed i figli dei fiori, i bei ragazzi a dorso nudo ed i cantastorie scomodi, tutti convergono e compongono un mosaico: l'America.
Gli attori in scena danno l'impressione di venire da ogni dove e la loro internazionalità trova riscontro nei nomi: Itahisa Borges Méndez, Lloyd Bricken, Cinzia Cigna, Davide Curzio, Marina Gregory, Timothy Hopfner, Agnieszka Kazimierska, Felicita Marcelli, Alejandro Tomás Rodriguez, Chrystèle Saint-Louis Augustin, Julia Ulehla. L'impatto del loro andare, affrontare, recitare, sventolar bandiere è tanto forte da accendere le mie fantasie, i loro sguardi mi finiscono dritti in faccia come le parole del poeta, che evocano immagini così:
Ci si ritrova immersi nei transiti cantati da 10 attori, di cui 4 uomini, di cui 4 e poi 3 con le scarpe ai piedi, di cui 4 seriamente conturbanti. Tra di loro una donna vestita di nero come una vedova, mentre due indossano abiti bianchi e cinture stellate. Forse un'allusione alla stessa simbologia usata da certi pittori impressionisti per contrappore l'Europa (il vecchio mondo) alla nascente nazione americana. Ma in questo caso, il nero ed il bianco, i gay ed i figli dei fiori, i bei ragazzi a dorso nudo ed i cantastorie scomodi, tutti convergono e compongono un mosaico: l'America.
Gli attori in scena danno l'impressione di venire da ogni dove e la loro internazionalità trova riscontro nei nomi: Itahisa Borges Méndez, Lloyd Bricken, Cinzia Cigna, Davide Curzio, Marina Gregory, Timothy Hopfner, Agnieszka Kazimierska, Felicita Marcelli, Alejandro Tomás Rodriguez, Chrystèle Saint-Louis Augustin, Julia Ulehla. L'impatto del loro andare, affrontare, recitare, sventolar bandiere è tanto forte da accendere le mie fantasie, i loro sguardi mi finiscono dritti in faccia come le parole del poeta, che evocano immagini così:
Alzi il braccio di gioia l'operatore della gru.
Cigolino e parlino gli ascensori, salendo e scendendo con reverenza.
Faccia cenno con gli occhi la misericordia della direzione dei fiori.
Dica direttamente il suo scopo il fiore diritto: cercare la luce.
Dica contortamente il suo scopo il fiore contorto: cercare la luce.
Invadimi il corpo con il sesso di Dio, soffocami le narici con l'infinita carezza del corrompersi
Mia madre avrebbe dovuto fare asana e Kundalini non camicie di forza e elettroshock alla nascita dell'FBI di Roosvelt
Cigolino e parlino gli ascensori, salendo e scendendo con reverenza.
Faccia cenno con gli occhi la misericordia della direzione dei fiori.
Dica direttamente il suo scopo il fiore diritto: cercare la luce.
Dica contortamente il suo scopo il fiore contorto: cercare la luce.
Invadimi il corpo con il sesso di Dio, soffocami le narici con l'infinita carezza del corrompersi
Mia madre avrebbe dovuto fare asana e Kundalini non camicie di forza e elettroshock alla nascita dell'FBI di Roosvelt
(Allen Ginsberg, trad. Fernanda Pivano)
musiche di Open Program - Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
regia: Mario Biagini, produzione: Fondazione Pontedera Teatro
regia: Mario Biagini, produzione: Fondazione Pontedera Teatro