Il Pitti è sempre il Pitti. Ormai lo conosciamo tutti, da dentro e da fuori, noi frequentatori abituali, gli absolute beginners e i menefreghisti assenti: porta con sé l’inevitabile traffico impossibile e le altrettanto inevitabili feste “liberamente ispirate” alla moda. Così, chi non ha avuto modo di entrare può consolarsi partecipando alle serate fashion dedicate al marchio del tennista svedese che produce mutande.
Quest’anno in realtà c’è stata la Florence & Fashion Night, finalmente una cosa nuova per Firenze. Una volta tanto. E poi Pitti Woman era decisamente bello. Si tratta infatti di una manifestazione che sta crescendo, e bene. Ci sono volute alcune edizioni, ma direi che finalmente ci siamo.
Potrei parlare delle tendenze: sì, per la prossima Primavera/Estate si parla di coloniale, di stile “nomade”, con i colori neutri e materiali naturali; altra tendenza sarà il tema navy. Il blu in tutte le sue declinazioni. Preparatevi perché oltre a tutto ciò l’uomo sdoganerà il verde brillante/verde tiglio: lo vedrete sui pantaloni per le occasioni informali.
Potrei andare avanti così. Invece no. Ho voglia di parlare anche di quelle piccole cose che noi frequentatori abituali conosciamo così bene, e che spesso passano inosservate.
La caccia ai gadget. Tutti li vogliono. Già, ma se in passato ne davano via a palate, da un paio d’anni le aziende hanno stretto i cordoni della borsa, e così ci si limita alle buste di plastica. La più attesa, la più desiderata, la più virale di tutte, anche perché la gara è fra lei e massimo altre 3 o 4, è quella di Desigual. È’ il marchio di fabbrica del visitatore del Pitti. Utile per portare i capi in tintoria al cambio di stagione!
Lo sgomitare per un rarissimo spicchio d’arancia o una preziosa fettina di kiwi sempre allo stand di Desigual, sotto il sole cocente, facendo finta di divertirsi, ascoltando musica anni ‘90 e accennando due ancheggiamenti due, ma solo quando lo fanno le bariste. Io mi astengo, però li fotografo sempre!
Assistere a incredibili figuracce degli imbucati che cercano di scroccare gli omaggi dedicati ai compratori, dichiarandosi anch’essi “compratori” dei marchi in questione. Per la cronaca: i compratori sono i buyer, oppure hanno un negozio. Aver acquistato anni fa un paio di Hawaianas verdi non fa di te un “compratore”, per cui non hai diritto alla ciabattina col brillantino.
Beccarsi una “smusata” da parte di qualche bodyguard di allestimenti insignificanti di qualche brand sconosciuto, apparentemente terrorizzata al pensiero che tu possa scattare una foto copiando così il prodotto, be’ è chiaro no, in fondo stai passando di lì col cellulare in mano. Al che finalmente noti l’allestimento e il brand. Al che finisci di digitare il tuo messaggio di testo e te ne vai.
Il tempo. Di solito piove. Quest’anno invece no, incredibile.
Il Pitti è traffico infernale, il Pitti è tutti quelli che vorrebbero il pass ma non l’ottengono e sclerano, il Pitti è l’occasione per far vedere che tu sì che sei il più importante socialite di via Doni, e che Firenze è la tua East London, perché tu ami la moda dal momento che sei lì col tuo parrucchiere e vi scattate le foto da mettere su Facebook.
Il Pitti però è anche mille manie e abitudini, il Pitti è applicare il nostro personalissimo stile alla visita di una fiera, osservando di sfuggita cose che altri adorano, oppure immergendosi nella magia di stand meno presi d’assalto, il Pitti è mangiare più gelati del previsto, il Pitti è reincontrare persone che vedi di rado, il Pitti è entrare in fiera per guardare e poi ritrovarsi a comprare un foulard dedicato al Giappone.
Il Pitti è tutto questo, e dal 1954 fa parte della storia di Firenze. E forse sta diventando sempre più bello.